giovedì 8 settembre 2011

Yi-Yi...E Uno, E Due.

Yi-Yi...E Uno, E Due
Taiwan, 2000. Di Edward Yang. Con Wu Nien-Jen, Issei Ogata, Elaine Jin, Kelly Lee, Jonathan Chang. Genere: Commedia/ Drammatico. Durata: 173' 


Qualcuno disse che da quando esiste il cinema si vive tre volte di più, con il rischio di moltiplicare malinconie e solitudini, ma anche con il pregio di vivere più intensamente il poco tempo che ci rimane. Edward Yang ha creato, con questo "Yi-Yi" (premio alla regia al festival di Cannes 2000) uno di quei mondi cinematografici in cui è facile perdersi. Con le sue tre ore, il film non riesce mai ad annoiare e il tempo che pare immenso scorre con leggerezza. Perchè? Perchè parla di vita, un argomento con cui tutti gli esseri umani ne sono a contatto. Lo spettatore entra in punta di piedi all'interno di una cerimonia nunziale, è disorientato perchè non conosce nessuna di quelle persone, ma più il tempo passa e più lo spettatore si sente parte di loro e decide di continuare a visualizzare le loro storie. Ad ogni svolta cinematografica c'è un pezzo di vita tutto da assaporare: una solitudine che dura per tutta l'età vitale, dall'infanzia alla vecchiaia, passando per adolescenza e età adulta.

Un uomo che scopre che la sua agenzia sta per fallire e si allea con la società antagonista, la moglie che nel giorno più fortunato dell'anno scopre che sua madre è finita in coma, la figlia adolescente che è il tramite di lettere d'amore tra la sua migliore amica e il suo ragazzo, il figlio piccolo che è il più filosofo e silenzioso della famiglia schernito dalle sue coetanee e preso di mira dai professori troppo severi.

Ciò che è più bello di questa pellicola è il fatto che "Yi Yi" non osa, non mostra, non ha fretta di arrivare alle conclusioni: si limita ad osservare, osservare le movenze di una famiglia normale, che potrebbe essere quella di chiunque.

L'abc dell'esistenza viene mostrato attraverso semplici gesti: il ritrovamento di un amore adolescente, l'ingenuità infantile e l'ambiguità del sesso (il bimbo che scambia un preservativo per un palloncino), la paura della vita quando si rende difficile (il suicidio del fratello del protagonista). Tutto per farci rendere conto che non importa avere 10, 40, 70 anni: perchè all'interno delle nostre anime siamo tutti uguali, ci chiediamo tutti a nostro modo, se forse non meritiamo di più.
Ed ecco che ci lamentiamo persino della nostra vita (la moglie che si lagna del fatto che i suoi giorni scorrono uno uguale all'altro, quando non si accorge che erano gli altri a preoccuparsi per lei di ogni cosa), che sottovalutiamo le potenzialità degli umani più giovani (sarà infatti il bambino, l'infanzia, a riassumere le paure e le speranze di tutte le anime devastate in un sospiro finale).

La vita che viene rappresentata anche con splendida vena poetica (il bambino che fotografa la schiena alle persone per mostrar loro la parte che non possono vedere) e con individualità (lo stesso titolo è volutamente enigmatico: "Yi Yi", che in cinese vuol dire "uno uno", un numero, ma anche l'identità dell'anima).

Un film che ha una doppia bellezza, sia interiore che esteriore, che si traduce in cinema e vita. L'immagine è costruita come se fosse disegnata da un pittore, la regia è limpida e cristallina, espressiva e saggia, dosa abilmente primi piani, pianisequenza e scene girate a mano, l'abile intreccio di storie ,che storie dopotutto non sono.

Perchè la forza di "Yi-Yi" sta proprio nell'incastro maestoso e poetico dei tasselli di vita, come se fosse tutto un puzzle da ricomporre, dove si nasconde anche l'illusione disseminata in specchi, le difficoltà della vita che ci permettono di riconoscerci (il padre che filma la sua bimba appena nata attraverso il vetro della nursery, ma che finisce per riprendere sè stesso). è tutto un gioco di illusioni, di esistenze, di specchi, di vite sospese, sogni, speranze, paure, delusioni... la seconda, la terza e la quarta vita (del cinema). 



IL MIO VOTO: 10.0






Trailer:






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