martedì 6 settembre 2011

The Brutal Hopelessness Of Love



The Brutal Hopelessness Of Love
Giappone, 2005. Di Takashi Ishii. Con Mai Kitajima, Toshiyuki Nagashima, Kanji Tsuda, Mikage, Naoto Takenaka, Yôzaburô Itô, Akio Jô, Shun Nakayama, Kiriko Shimizu, Tôru Shinagawa, Yoshiyuki Yamaguchi. Genere: Drammatico/Thriller/Erotico. Durata: 122'. 

Un giornalista sta intervistando la giovane e famosissima attrice Nami sui tre film in cui sta recitando. Nami si sorprende di quanto le trame dei film siano molto simili alla vita vera e non si immagina di quanto possa essere difficile per lei distinguere il mondo del cinema da quello reale...

Non me l'aspettavo, non me l'aspettavo proprio, ma è un film bellissimo e fulminante.
Ora che mi stavo già lamentenado di quanto Takashi Ishii fosse caduto in basso nel suo-post "Freeze Me", ovvero con la coppia "Flowers And Snake": filmacci orrendi composti da indicibili perversioni pseudo-bondage. Ormai credevo che si fosse perso nei meandri della perversione, fino a quando ho visto questo suo film, il suo lavoro più recente e uno (con "Gonin" e "Freeze Me" ) dei suoi più riusciti.

Ishii diminuisce notevolemente il numero di scene di sesso (comunque piuttosto esplicite) e si concentra più sull'intreccio, mostrandoci una straordinaria Mai Kitajima, nel ruolo di Nami, una superstar del mondo del cinema che, accorgendosi di quanto le trame dei film che sta girando si avvicinino alla sua vita, perde il controllo e la capacità di distinguere realtà dal cinema.

Il tutto parte da un'intervista, una semplice intervista ad un'attrice, vagamente innocua: si parla di quanto Nami si sia impersonata nel ruolo, di quanto abbia cercato di dare naturalezza al suo personaggio...ma poi, lentamente, Ishii distrugge tutto realizzando uno straordinario gioco a scatole cinesi, dove è impossibile non impazzire. Un tale meccanismo, si è già visto nel capolavoro anime "Perfect Blue" di Satoshi Kon, ma funziona benissimo anche qui, entrando nelle maglie dello psycho-thriller più feroce, violenza improvvisa e inaspettata, candidi momenti di tiepida calma e poi la corsa verso l'inferno, che coinvolge anche (e soprattutto) la realtà.

Un film strano destinato a farsi amare.

Numerosissime le scene indimenticabili: Nami che, seduta sul letto da parte ai cadaveri dei due coniugi e con la stanza insanguinata sorride ai giornalisti che cominciano a fotografarla, Nami che seduce un uomo sposato su un autobus davanti agli occhi increduli della moglie, la scena dell'inquietante karaoke con tanto di canzoncina j-pop.

Qualcuno lo definì l'"Inland Empire dell'exploitation", in effetti, come nel capolavoro Lynchiano, la follia prende il sopravvento sulla felicità di una donna sull'onda del successo. La chiusura, però, qui, è decisamente meno criptica di quella di Lynch e più da thriller.

Un film avvincente, strambo, bizzarro, per accorgersi ancora una volta del talento mai morto di Takashi Ishii. 



IL MIO VOTO: 9.0









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