giovedì 27 dicembre 2012

The Future



The Future
USA, 2011. Di Miranda July. Con Miranda July, Hamish Linklater, Isabella Acres, Angela Timbur, Kathleen Gati. Genere: Drammatico. Durata: 89' 

"I accidentally made the sound that is 'i am cat which is belonging to you.' " 

(Non è tollerabile un voto basso anche solo per Paw Paw. )

Per il resto, chi si aspettava "Me, And You And Everyone We Know 2" ne rimarrà deluso. E fortunatamente non è stato così. Il precedente film della talentuosa Miranda July dimostrava uno stile originale, capace di essere ironico e poetico, volgare e tenero, inaspettato e tremendamente reale. "The Future" è la storia di un pezzo di vita/vite/esistenze, intimo, dolente, dolorosissimo, eppure tormentato da una continua dolcezza che inghiotte il film stesso. Una dolcezza che non lascia scampo, che non è sempre così positiva.

Meraviglioso, sicuramente non per tutti. è un film difficilissimo, che per molti sarà incomprensibile. Ma come "Me And You And Everyone We Know" è destinato a crescere, giorno per giorno. Come l'attesa di coloro a cui apparteniamo. Come l'attesa per la luce. Come l'attesa di una svolta nella nostra vita.

Bellissimo.


"Dear persons,
I am writing you this to you, letter with no pencil, 
so I hope that youre able to read it. 
By day I know im yours, but when night comes, 
I am alone and always have been, and always will be wild.

So is only the sun that return the wonderfull feeling of being petted again
Please come soon, nights are getting longer.

Yours, Paw Paw."


IL MIO VOTO: 9.5






Baise-Moi: Scopami


Baise-Moi: Scopami
Francia, 1999. Di Virginie Despentes, Coralie Trihn Thi. Con: Lisa Marshall, Delphine MacCarthy, Karen Lancaume, Raffaela Anderson. Genere: Drammatico/Grottesco/Erotico. Durata: 79'

Nonostante le innumerevoli critiche negative, mi aveva incuriosito: un po' perché i film d'autore estremi mi piacciono quasi sempre e un po' perché sto leggendo il romanzo da cui è tratto e non è niente male.
Purtroppo, il film è squallidume al cubo. Non è pornografico, è semplicemente esibizionismo trash, di quelli veramente incontrollati.
Diretto malissimo, con una fotografia talmente atroce da far pensare che il direttore della fotografia, viste le innumerevoli scene di fellatio, abbia preferito darsi all'autoerotismo piuttosto che controllare le luci e con delle scene di violenza tutt'altro che disturbanti, ma rigorosamente ridicole.

Il finale è interessante, ma ormai è troppo tardi. Almeno dura poco.

L'unica cosa che si salva è l'interpretazione, glaciale, ma sofferta di Karen Lancaume, morta tragicamente nel 2005.

PS: In una scena di sesso, i due copulatori si guardano "Seul Contre Tous" di Gaspar Noé. BEATI LORO.


IL MIO VOTO: 1.0




mercoledì 26 dicembre 2012

The Tree Of Life


The Tree Of Life
USA, 2011. Di Terrence Malick. Con: Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Johanna Going, Fiona Shaw. Genere: Drammatico. Durata: 140' 

Se il voto di un film si basasse unicamente sulla tecnica e la bellezza, allora "The Tree Of Life" non si meriterebbe 10, ma mille. Perché è un film curato in ogni dannato particolare, bellissimo visivamente, con delle trovate tecniche eccezionali, con più di un momento memorabile (la parte sulla creazione della terra è notevole). è un film perfetto nei tempi: non c'è niente di troppo, niente di meno (a livello tecnico, ripeto)
Il problema nasce quando gli immaginari si ripetono, si accavallano, si dilungano e più va avanti il film (specie ad una seconda visione) e più diventa qualcosa che lascia più di un dubbio.
é un film che si compiace, si ama, che non vuole dare un minimo di respiro allo spettatore tra un sospiro e l'altro.

Malick descrive l'universo della famiglia attraverso, non solo il macro (l'universo vero e proprio), ma anche il micro, i minuscoli dettagli che ci accompagnano in tutta la nostra vita. Gli affetti, la rabbia, le emozioni: tutto forma le nostre giornate, che il regista ci presenta come ripetitivi, trasognati, persino grotteschi nella loro compostezza e nella loro forzata poesia.

Il film non è che questo. Due ore e mezza in cui la gente sussurra dal fuori campo frasi sull'esistenza o meno di Dio, e sono il cielo e sono il mare e non si sa cosa siano, dopotutto. Voleva essere un film sul senso della vita, ne è rimasto un grande e monumentale (e meraviglioso) obelisco da osservare, ammirare e parlarne nei salotti intellettuali.

Del film, però, non rimane assolutamente niente. E, alla fine, lascia l'amaro in bocca, soprattutto dopo quel finale conciliatorio che è l'enfasi di tutto ciò che si è visto prima: leggiadre donne che camminano a piedi nudi sulla sabbia, abbracci, baci, mani che sfiorano fiori, famiglie allegre, cieli, mare, villette a schiera, prati, campi, bambini.

Nella mia testa è rimasto un grande punto interrogativo.


IL MIO VOTO: 6.5








Luminal


Luminal
Italia/Gran Bretagna, 2004. Di Andrea Vecchiato. Con: Jameela Mutchin, Maria Papas, Denis Lavant. Genere: Drammatico/Grottesco. Durata: 90'

ra tutti i libri della Santacroce (che nonostante stia antipatica a molti, a me piace, e tanto) hanno scelto di fare un film dai due suoi romanzi completamente infilmabili, ovvero "Luminal" (da cui si ispira maggiormente) e "Destroy". Curioso di vedere come abbiano fatto a tirarci fuori un film, l'ho guardato. Ed è un calvario.

I due romanzi sono completamente diversi tra loro, nonostante si accomunino temi, tensioni e modalità di scrittura. Ma mentre "Destroy" è caldo e rabbioso, "Luminal" è di una freddezza quasi cupa, ma ha il sangue in ogni parola, in ogni lettera. Tirarne fuori un film così asettico è quasi un atto riprovevole.

Non racconta assolutamente nulla. Nel film non c'è una trama (ma neanche nel libro) e la cosa si sente, molto. Ci sono due ragazze che si fanno di droga, fanno sesso, scoprono il male del mondo, vedono i loro cari morire, li vedono irraggiungibili e si promettono di non spezzare mai la loro amicizia. Fine.
Vecchiato annega tutto questo in un clima di futuro post-moderno senza un nesso logico: stanze enormi, gallerie d'arte moderna, città soffocanti, senza un minimo di rigore. Le due protagoniste sono insignificanti, mentre i personaggi di contorno non sono altro che macchiette.

Ogni tanto spunta, in onor del kitsch, qualche trovata pessima di computer graphica. Altre volte, sembra si risollevi. Ma tra perversioni da asilo nido e violenza pudica, il risultato è freddo e poco convincente, oltre che irritante. Delle scorribande estreme raccontate dalla narrazione della scrittrice italiana resta solo un marasma inconcreto di violenza sussurrata e respinta, che non sa ferire per via di un'estetica da giornale patinato di moda. Non colpisce, non scuote. L'unica cosa che "Luminal" (il film) riesce a fare è crollare più volte, in trovate squallide e trash, in svolte insignificanti, in cambiamenti di tono e narrazione scollegati.

Tutto è di una noia mortale e la tentazione di spegnere la TV è altissima.

Hanno preso due romanzi infilmabili, dicevo.
E, come era lecito aspettarsi, ne hanno tirato fuori qualcosa da evitare come la peste.
Fortunatamente, questo film non l'ha visto nessuno.


IL MIO VOTO: 2.0 




venerdì 8 giugno 2012

Memento



Memento
USA, 2000. Di Christopher Nolan. Con Guy Pearce, Carrie-Anne Moss, Joe Pantoliano, Jorja Fox, Russ Fega, Buzz Visconti. Genere: Thriller. Durata: 119'


Concedetemi il lusso di sputare su uno dei film + registi più sopravvalutati di sempre. 
Concedetemi il lusso di definire Nolan un grandissimo sborone senza spessore. Un superficiale che infarcisce le sue storie di psicologia da quattro soldi di montaggi frenetici, di ghirigori stilistici, di auto-fellatio, di applausi rivolti a sé stesso. Uno che crede di aver inventato la narrazione all'inverso nel cinema, dopo che è giù stata ampliamente utilizzata. Uno che crede di aver inventato la non-linearità della storia, cosa già ampliamente utilizzata.
E per cosa? Per un thrillerino scadente come pochi, proprio alla Cristopher Nolan: con il solito disturbo psichico approfondito come una ricerchina di wikipedia.

Con i soliti personaggi-macchiette senza alcuna profondità (lui è da prendere a schiaffi), con una regia anonima, ma che ama adularsi, correlandosi con una fotografia che alterna bianchi e neri e colori, per darsi un tono autoriale. 

I dialoghi sono spesso imbarazzanti, da filmetto hollywoodiano come tanti altri. Salverei solo l'interpretazione, quella sì notevole, di Carrie Anne-Moss. 
Ma per il resto è un film che vorrebbe rivoluzionare tutto con l'inganno. Purtroppo, ce l'ha fatta.



IL MIO VOTO: 3.0






mercoledì 30 maggio 2012

Serial Rapist



Serial Rapist
Giappone, 1978. Di Koji Wakamatsu. Con Araki Kumiko, Hino Mayuko, Sugi Kayoko, Takagi Maya, Takatori Ami, Umatsu Tensan, Yamashita Emi. Genere: Drammatico/Thriller. Durata: 65'


Un goffo, brutto e grasso ragazzotto passa le giornate sulla sua bicicletta, alla ricerca di alcune vittime con le quale passare il tempo: le violenta, le uccide e poi le abbandona. Sono tredici. La piccola cittadina in cui vengono compiuti i suoi delitti ne è scioccata, ma non ha tenuto conto l'unico potere in grado di fermare "lo stupratore seriale": l'amore.

All'inizio pensavo si trattasse di un wakamatsu assai minore, con una trama ripetitiva e priva di scossoni, una realizzazione rozza, fortemente low-budget eppure più il film andava avanti e più mi accorgevo di quanto stesse manipolando la mia mente. Dopo il secondo crimine è impossibile non sentire una forte angoscia che ci terrorizza di fronte all'ipotesi che un altro stupro possa commettersi davanti a noi. Wakamatsu riesce a dare della ripetività un pregio, riuscendo a distruggere, smembrare e devastare i sentimenti dello spettatore con il semplice utilizzo dell'immagine, volutamente rozza, fuori luogo, ad andazzo: per esprimere un malessere che corrode le interiora e che è protagonista stesso dell'assassino. Lui non sa perchè uccide. Lui lo fa. Punto. Non sa perchè, non gli piace nemmeno farlo eppure lo fa ed è così che deve andare.


Lui è timido. Non prova nemmeno a parlare. Sembra essere così estraneo a tutto ciò che compie da esprimersi solo attraverso la musica extradiegetica: brani free-jazz elettrizzanti, ma che esprimono la sua solitudine, la sua esigenza di portare il silenzio in un mondo ormai disadattato e deteriorato.


Dietro una trama banale, il geniale Koji riesce a distruggere, sfoderare il proprio estro lanciando il suo solito, feroce, grido contro una civiltà contemporanea ormai accecato di qualunque ideale.  Ed è emblematico il finale, dove l'assassino viene ucciso proprio nel momento in cui era riuscito ad amare e farsi amare. Un apologo crudele sulla violenza, sulla società ipocrita, su un mondo così disturbato dal frequente altisonare di voci e rumori da dimenticarsi di ciò che è veramente importante: L'amore.



IL MIO VOTO: 7.5









Acqua Tiepida Sotto Un Ponte Rosso



Acqua Tiepida Sotto Un Ponte Rosso
Giappone, 2001. Di Shohei Imamura. Con Koji Yakusho, Misa Shimizu, Mitsuko Baisho, Mansaku Fuwa, Isao Natsuyagi, Yukiya Kitamura, Hijiri Kojima, Toshie Negishi, Sumiko Sakamoto. Genere: Drammatico/Grottesco/Commedia. Durata: 122'


Yosuke, quarantenne di Tokyo, sta attraversando uno dei periodi più bui della sua vita: è senza soldi, è stato licenziato e sta uscendo da un matrimonio che va via via sfasciandosi. La soluzione ai suoi problemi sembra essere una leggenda che gli racconta l'amico Taro: un tesoro nascosto in un paesino di pescatori, in una casa che si affaccia su un ponte rosso. In quella casa vive con la nonna una donna misteriosa, Saeko, che ha uno straordinario potere: ogni volta che compie un gesto illecito o durante un amplesso erotico, libera un getto d'acqua in grado di far sbocciare fiori fuori stagione e attirare pesci di altri mari. E qui, tra Yosuke e Saeko non può che nascere una bizzarra e surreale storia d'amore...


è il mio Imamura preferito. A 75 anni è ancora un regista che vuole giocare con lo spazio, il tempo e i suoi stessi personaggi. Ne esce una favola incantevole e originale, che nonostante lo spunto grottesco, è delicatissima e riesce a mischiare risate grazie ad interventi di humor sottile e tipicamente giapponese, e riflessioni da purissimo cinema d'autore. "Acqua Tiepida Sotto Un Ponte Rosso" è un film immancabile per qualunque cinefilo che si rispetti, anche per chi segue il cinema asiatico con meno interesse.
Se non altro imperdibile per le performance veramente invidiabili dei due protagonisti, attori calati perfettamente nei loro ruoli. Io non posso dirvi altro che il film lo adoro alla follia: una perla tutta da riscoprire, di una bellezza devastante, una commedia d'autore divertentissima e trascinante, impossibile non amarla.



IL MIO VOTO: 10.0