The Watcher In The Attic
Giappone, 1976. Di Noboru Tanaka. Con Junko Miyashita, Renji Ishibashi, Tokuko Watanabe, Shiro Yumemura, Hiroshi Osa. Genere: Drammatico/Erotico. Durata: 76'
Avevo visto degli spezzoni su fuori orario, nei soliti patchwork di film che Ghezzi fa prima di presentare i due film mandati in onda di notte. Mi ha incuriosito molto, anche grazie ad un'immagine d'alto valore mandata in onda in uno di questi collage visivi (una donna che si intrattiene sessualmente con un pierrot giapponese, mentre viene spiata attraverso un buco sul tetto). Scena che potrebbe sembrare quella di un pinku qualunque, ma talmente ben dosata da affascinare e con un alto tasso di direzione artistica.
E' proprio l'approccio che separe "Watcher In The Attic" da un qualunque pinku di serie-z: c'è una cura dei dettagli quasi maniacale, una fotografia ben supportata e una trama finalmente interessante, tratta da un romanzo dell'ormai storico scrittore Rampo.
Noboru rientra nella cerchia di quei cineasti, così permeati nel cinema di serie-b, ma al contempo affascinati dalla tecnica, dalla personalità, dalla capacità di osare, di non basarsi solo sul corpo, eccitato o martoriato che sia, ma anche sull'essenza, sull'essere, sull'interiorità. Proprio per questo "Watcher" è sia un film erotico che un film d'autore, ma al contempo anche un melodramma con sfondo thriller. E' un miscuglio di esseri, di essenze, di lati del cinema. Ovviamente anche Noboru è sempre al rischio della cafonata di troppo (Angel Guts: Nami) ma in ogni suo film riesce a dare quel tocco di personalità dal quale lo spettatore non può reagire.
Che poi "Watcher" non sia un film memorabile non lo metto in dubbio, dato che non si avvicina neanche lontanamente al capolavoro, ma sono il primo a definire "Watcher" un gran bel film, ben realizzato, ben diretto ,raccontato, mostrato. Non è uno di quei film che meritano l'oblìo a sei mesi dalla loro uscita, come accade con molti pinku et similia, ma uno di quei film che necessiterebbe un minimo d'attenzione. Per fortuna c'è gente che, come Ghezzi, è capace di distinguere la sporcizia dalla finta spazzatura e riportare quest'ultima a galla, mostrandone i pregi: inquadrature perfette, lenti volteggi di macchina come in una danza, scene d'alto impatto visivo.
Il temibile finale riassume il circolo ellittico di un film che non ha nulla a che vedere con la bassa serietà del cinema pinku giapponese, riuscendo quasi ad entrare a pieno titolo in quei drammi travestiti di eros, come i film di Wakamatsu, di Sato, di Zeze... E questo è un complimento. Un film bello, in bilico tra perversione ed eleganza, come in una danza poetica e crudele allo stesso tempo.
IL MIO VOTO: 7.0
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