giovedì 8 settembre 2011

The Incite Mill



The Incite Mill
Giappone, 2010. Di Hideo Nakata. Con Tatsuya Fujiwara, Haruka Ayase, Aya Hirayama, Satomi Ishihara. Genere: Thriller. Durata: 110'

Un annuncio su una rivista spinge un gruppo di persone in cerca di soldi facili, a partecipare ad un reality show che permette loro di guadagnare dodicimila yen all'ora, semplicemente restando filmati dalle telecamere per sette giorni. Ma il reality, presenterà presto la sua vera natura: vince chi sopravvive per ultimo...


Torna Hideo Nakata, dopo essere stato risucchiato nella morsa di Hollywood, e torna con quello che dovrebbe essere un thriller-horror giapponese. O almeno, dovrebbe essere così. E, invece. Che delusione.

Di Nakata neanche l'ombra ovviamente. Niente che sia paragonabile a quel vortice di suspense che era "Ringu", nè a quella bellissima introspezione psicologica di un horror perfetto come "Dark Water", ma qui non c'è nemmeno l'eleganza di un prodotto minore, ma degno di rispetto come "Apparition". Questo è un thrillerino che risente del cambio di nazione operata da Nakata negli ultimi anni: hollywoodiano fino al midollo, nonostante sia una produzione al 100% giapponese, "The Incent Mill" manca di originalità, controllo filmico, suspense e persino il sangue (presente, ma assai poco) in una trama da slasher che sembrerebbe prometterlo. "The Incent Mill" è, in poche parole, una teatrale messa in scena che mischia cose già viste, sia nel cinema occidentale (Saw, Kill Theory ), che orientale (Death Tube, Battle Royale), rifacendosi soprattutto (ma questo è voluto) ad Agatha Christie e ai suoi "Dieci Piccoli Indiani".

Il risultato è un pastiche che coinvolge fino ad un certo punto, ma che poi si perde via, prendendo strada verso l'assurdo e l'incoerente. E forse accontenterà il pubblico più giovane o di bocca buona, ma in un film già visto, la cui sceneggiatura è piena di buchi e falde, oltre che di banalità, si deve salvare la confezione: ovviamente curatissima, ma impersonale e patinata, come da film americano appunto. E non bastano le solite ossessioni del cineasta giapponese (Terrore e tecnologia, l'incomunicabilità, la solitudine, ecc. ecc.), quando il film si conclude, dopo stentati massacri, con un brutto finale della serie: "continuiamo a vivere. Poveri, ma felici" e laggiù il sole splende e tutto finisce a tarallucci e vino.
Nakata è sprofondato da anni. Se risorgerà dalle sue ceneri, questo lo può dimostrare solo lui.

IL MIO VOTO: 4.0






Trailer:





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