domenica 18 dicembre 2011

Rule Number One



Rule #1
Singapore/Hong Kong, 2008. Di Kelvin Tong. Con Shawn Yu, Ekin Cheng, Stephanie Che, Fiona Xie, Renee Lee. Genere: Horror/Thriller. Durata: 98'. 

L'agente Lee Kwok-keung nel tentativo di incastrare un serial killer, viene ferito ma sopravvive grazie all'intervento di una giovane ragazza, che il detective affermerà essere un fantasma. I suoi superiori non credono alla sua storia incredibile e paranormale e Lee viene spedito agli affari generali, parte della polizia di Hong Kong che ha sede in un edificio diroccato e si occupa di casi paranormali. E ben presto Lee dovrà indagare su una serie di efferati omicidi/suicidi dove le vittime, donne, sembrano essere state possedute prima di darsi o dare la morte...

E poi dicono che l'horror è morto e sepolto...
Certo, se la massa si concentra solo sugli USA affogati da remake inguardabili e orribili prodotti homevideo allora sì, ma perchè non volgere lo sguardo verso le altre parti del mondo? Prima di scrivere un epitaffio definitivo al genere ci vorrebbe prima un'indagine accurata su ciò che viene prodotto in Francia e, soprattutto, in Oriente. Troppo facile parlare di morte di un genere quando è l'ignoranza a pervadere. Perchè vedere che film bellissimi continuano ad uscire e rimangono nascosti dall'interesse del pubblico è scioccante.

"Rule #1" è, a mio parere, già un classico della paura: ha solo un anno e mezzo di vita e riconferma la vitalità del cinema horror asiatico, forse meno forte e mordace che in precedenza, ma comunque vivo e in grado di produrre, ancora, film bellissimi.

Kelvin Tong è, ormai, considerato il regista di Singapore horror per antonomasia: dopo il successo del discreto "The Maid" e la coproduzione nippo-malese "1942", ecco questo "Rule #1" che si rivela il suo apice artistico e uno degli horror più belli che siano usciti nel biennio 2008-2009.

La premessa è semplice ed affascinante, ma Kelvin Tong vuole andare oltre la trama quasi già vista e arricchisce la messe con impulsi di thriller poliziesco ed esplosioni improvvise di violenza. Tra indagini e spaventi, lo spettatore viene soffocato da una finale mezz'ora di colpi di scena a catena che annichiliscono e portano ad un'ultima inquadratura che mozza il fiato.

Straordinario il protagonista, che dona al suo personaggio di poliziotto una certa umanità. La regia di Kelvin Tong è diventata finalmente matura e riesce a rendere terrorizzanti i suoi fantasmi grazie, anche, a effetti speciali semplici quanto efficaci.

Ovviamente non mancano i cliché (c'è anche una bambina con i capelli davanti al viso), ma il regista di Singapore li sfrutta al meglio e non cade nel rischio di girare il solito clone di "The Ring". 
Non manca una gradita citazione: un suicidio di massa preso dallo splendido "Suicide Club", ma arricchito con il dettaglio inquietante delle trecce delle suicide legate una con l'altra. Della serie: anche nelle scene rubate, Kelvin Tong, ci mette la sua, come un artista.

E questo film, per me, è già cult: Straordinario.

IL MIO VOTO: 9.5


















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