venerdì 9 dicembre 2011

The Housemaid (2010)


The Housemaid
Corea Del Sud, 2010. Di Im Sang-Soo. Con Jeon Do-yeon, Lee Jung-Jae, Youn Yuh-jung, Seo Woo. Genere: Drammatico/Thriller/Erotico. Durata: 103'

Im Sang-Soo aveva già fatto parlare di sé con un film controverso quanto affascinante come "La Moglie Dell'Avvocato", presentato anche nel nostro paese con un discreto successo. Regista amato/odiato anche in patria ha fatto discutere anche lo scorso anno per la scelta, invero rischiosa, di mettere mano ad uno dei capolavori assoluti del cinema coreano, "The Housemaid" (1960), dramma torbido e sanguineo che viveva di momenti di cinema enorme e che non si riesce a cancellare dalla mente, che lo stesso Kim Ki-Young aveva riemaneggiato con svariati remake meno riusciti del prototipo. 

Forse era la mente azzeccata dietro questo remake dei nostri anni: Im Sang-Soo ha infatti tutte le carte in regola per mettere in scena il più morboso e disturbante dramma in circolazione, dove il sesso diventa condanna e la violenza una valvola di sfogo. E poi il cast: basterebbe il nome di Jeon Do-Yeon, la meravigliosa interprete di un capolavoro come "Secret Sunshine" di Lee Chang-Dong, per accorrere alla visione.

Im Sang-Soo regge bene il gioco e realizza un'opera sicuramente invidiabile dal punto di vista tecnico, splendidamente fotografata e diretta, con un amore appassionato per l'eleganza (elemento chiave nel cinema coreano) e con dei personaggi irresistibili, dove persino i "cattivi" non sono così insopportabili. Tutto parrebbe funzionare bene e il film ha un ritmo non dispersivo, ma coinvolgente, mantenendo sempre la tensione a livelli altissimi.
Come in "Secret Sunshine", anche qui la splendida Jeon Do-Yeon riesce ad indossare più maschere, dimostrandosi in assoluto una delle migliori attrici viventi: diventa premurosa, simpatica e cordiale, e poi crolla in un collasso nervoso che farebbe venire i brividi anche al più insensibile. Ma è anche subdola, manipolatrice e pericolosamente sensuale: il catalizzatore esterno a sconvolgere la piatta e triste alta borghesia, dove i sentimenti non esistono (il padre insegna alla figlia di essere sempre gentili con gli altri, ma solo perchè è un atteggiamento di superiorità nei loro confronti) e dove non c'è una tendenza alla comprensione degli esseri umani (il marito e la moglie che si detestano, il padrone di casa che, senza battere ciglio, si fa toccare dalla domestica). è un veleno pronto a sconvolgere.

Ma proprio nel momento clou del film, ovvero l'attesissima vendetta, il film si spegne un po'. Perchè se, nell'originale di Kim Ki-Young, era spietata, crudelissima (praticamente un massacro silenzioso, ad opera del veleno per topi, chiara metafora del dopo-guerra) e ricca di disperazione per un amore non ricambiato e per un annientamento della personalità, in questa nuova versione latita, perchè si invertono le parti: non è la domestica ad avvelenare ma viene avvelenata e la sua vendetta si riduce ad un suicidio. Un po' poco, nonostante la meraviglia tecnica con cui è girata questa scena, quando ci si ricorda che Kim Ki-Young non aveva paura nell'accellerare nei lati più oscuri della psiche umana (ed eravamo agli inizi degli anni '60...).
Im Sang-Soo sembra dare più peso al lato erotico della vicenda, confezionando scene di sesso umilianti per aumentare il senso di disagio (l'uomo che obbliga sia la moglie che la domestica a farsi fare una fellatio, come se fosse l'unico mezzo per farsi accettare dalla ricchezza).

Eccellente, comunque, l'ambigua scena finale, dove la bambina sembra essere l'unica rimasta fedele alla sua umanità. Lei, con lo sguardo perso, un po' sottilmente cattivo, mentre la sua famiglia festeggia il suo compleanno, guarda verso di noi, poi altrove. 

IL MIO VOTO: 7.5









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