mercoledì 30 maggio 2012

Serial Rapist



Serial Rapist
Giappone, 1978. Di Koji Wakamatsu. Con Araki Kumiko, Hino Mayuko, Sugi Kayoko, Takagi Maya, Takatori Ami, Umatsu Tensan, Yamashita Emi. Genere: Drammatico/Thriller. Durata: 65'


Un goffo, brutto e grasso ragazzotto passa le giornate sulla sua bicicletta, alla ricerca di alcune vittime con le quale passare il tempo: le violenta, le uccide e poi le abbandona. Sono tredici. La piccola cittadina in cui vengono compiuti i suoi delitti ne è scioccata, ma non ha tenuto conto l'unico potere in grado di fermare "lo stupratore seriale": l'amore.

All'inizio pensavo si trattasse di un wakamatsu assai minore, con una trama ripetitiva e priva di scossoni, una realizzazione rozza, fortemente low-budget eppure più il film andava avanti e più mi accorgevo di quanto stesse manipolando la mia mente. Dopo il secondo crimine è impossibile non sentire una forte angoscia che ci terrorizza di fronte all'ipotesi che un altro stupro possa commettersi davanti a noi. Wakamatsu riesce a dare della ripetività un pregio, riuscendo a distruggere, smembrare e devastare i sentimenti dello spettatore con il semplice utilizzo dell'immagine, volutamente rozza, fuori luogo, ad andazzo: per esprimere un malessere che corrode le interiora e che è protagonista stesso dell'assassino. Lui non sa perchè uccide. Lui lo fa. Punto. Non sa perchè, non gli piace nemmeno farlo eppure lo fa ed è così che deve andare.


Lui è timido. Non prova nemmeno a parlare. Sembra essere così estraneo a tutto ciò che compie da esprimersi solo attraverso la musica extradiegetica: brani free-jazz elettrizzanti, ma che esprimono la sua solitudine, la sua esigenza di portare il silenzio in un mondo ormai disadattato e deteriorato.


Dietro una trama banale, il geniale Koji riesce a distruggere, sfoderare il proprio estro lanciando il suo solito, feroce, grido contro una civiltà contemporanea ormai accecato di qualunque ideale.  Ed è emblematico il finale, dove l'assassino viene ucciso proprio nel momento in cui era riuscito ad amare e farsi amare. Un apologo crudele sulla violenza, sulla società ipocrita, su un mondo così disturbato dal frequente altisonare di voci e rumori da dimenticarsi di ciò che è veramente importante: L'amore.



IL MIO VOTO: 7.5









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