Pulgasari
Corea Del Nord, 1985. Di Chong Gon Jo, Shin Sang-ok. Con Chang Son Hui, Ham Gi Sop, Ri Jong-uk, Gwon Ri, Yu Gyong-ae, Ro Hye-chol, Tae Sang-hun, Kim Gi-chon, Ri In-chol, Riyonun Ri, Pak Yong-hok. Genere: Azione/Fantasy/Drammatico. Durata: 96'
Impossibile non volergli un minimo di bene quando si conosce l'assurda storia intorno alla sua realizzazione, dove il regista, obbligato da Kim Jong-Il a realizzare film su film, è stato obbligato a creare praticamente con una pistola alla tempia. Al di là di questo delirio storico che meriterebbe la stesura di un romanzo, "Pulgasari" è un film che è cult anche solo in se stesso e per se stesso: un film adorabile per il suo guizzabuglio trash, ma comunque poetico e puerile, dove riesce sempre a divertire, a modo suo -ovvio-, nonostante spesso sembra che alla regia manchi un giusto controllo del tempo filmico.
La chiara allegoria propagandistica del comunismo (incarnato da Pulgasari, definito da qualche critico "Il Godzilla comunista") al potere capitalista (il sovrano ossessionato dal ferro, le armi e il lusso) è palese, soprattutto, quando a scatenare la "rivoluzione", ovvero il mostro protagonista, è una bella contadina, che con la forza dello spirito riesce anche a sedare la seconda minaccia, portando gioia a tutti gli altri con il suo sacrificio: non è sottile, quindi, l'intento politico di un film che riesce, però, a concedersi un po' di libertà, rispetto ad altri film nord-coreani, dove il patriottismo viene spesso aggiunto a forza nelle sceneggiature.
è un film girato con passione, con effetti speciali a volte riuscitissimi (i movimenti del mostro), altre volte quasi kitsch e pupazzosi, ma mai troppo imbarazzanti. Un film che va visto anche solo per cultura, in quanto è il primo film nordcoreano a godere di una distribuzione fuori dai confini nazionali (arrivando in Giappone e negli USA, dove è diventato subito un cult, per passare inosservato in Corea Del Sud) . Un film che, anche dal mero livello di intrattenimento, riesce a farsi gustare bene, fino alla commozione di un finale che ha quasi dell'incredibile.
Recitazione molto teatrale, ma convincente.
La storia del film (da asianworld.it):
Corea del Nord, anni '70.
Siamo in un regime totalitario, che rievoca fantasmi di orwelliana memoria, sotto l'egemonia di Kim II Sung; suo figlio Kim Jong Il, futuro dittatore del paese, è Ministro della Propaganda del Partito.
Si narra che sia un grande appassionato di cinema, fan di Elizabeth Taylor e Sean Connery, si dice abbia una videoteca con più di 10.000 titoli. Questo futuro dittatore si prende anche la briga di scrivere un libro sull'importanza del cinema, in cui teorizza come necessaria "una trasformazione rivoluzionaria della pratica della regia" affinché questa diventi lo strumento principale della Propaganda e, attraverso i film, si trasformi la gente del popolo in veri comunisti.
C'è però un problema che gli impedisce di raggiungere il suo fine: in Corea del Nord non c'è una scuola cinematografica con registi all'altezza del compito. Bisogna assolutamente risolvere questa situazione diventata ormai insostenibile.
Niente di più semplice: nella vicina Corea del Sud c'è un'industria cinematografica molto florida con tanti bravissimi registi; perché non rapirne uno dei migliori, tanto a loro a che serve? Uno in più, uno in meno, non fa differenza.
Detto fatto, il proattivo Kim manda i suoi simpatici scagnozzi nel Sud a rapire il famoso regista sudcoreano Shin Sang-ok e sua moglie, l'attrice Choi Eun-hee. Shin è autore di una ventina di film di successo, definito in patria l'Orson Welles del cinema asiatico; la notizia del suo rapimento fa scalpore a sud, mentre a nord non se ne sa nulla.
Si narra che sia un grande appassionato di cinema, fan di Elizabeth Taylor e Sean Connery, si dice abbia una videoteca con più di 10.000 titoli. Questo futuro dittatore si prende anche la briga di scrivere un libro sull'importanza del cinema, in cui teorizza come necessaria "una trasformazione rivoluzionaria della pratica della regia" affinché questa diventi lo strumento principale della Propaganda e, attraverso i film, si trasformi la gente del popolo in veri comunisti.
C'è però un problema che gli impedisce di raggiungere il suo fine: in Corea del Nord non c'è una scuola cinematografica con registi all'altezza del compito. Bisogna assolutamente risolvere questa situazione diventata ormai insostenibile.
Niente di più semplice: nella vicina Corea del Sud c'è un'industria cinematografica molto florida con tanti bravissimi registi; perché non rapirne uno dei migliori, tanto a loro a che serve? Uno in più, uno in meno, non fa differenza.
Detto fatto, il proattivo Kim manda i suoi simpatici scagnozzi nel Sud a rapire il famoso regista sudcoreano Shin Sang-ok e sua moglie, l'attrice Choi Eun-hee. Shin è autore di una ventina di film di successo, definito in patria l'Orson Welles del cinema asiatico; la notizia del suo rapimento fa scalpore a sud, mentre a nord non se ne sa nulla.
Shin viene accolto nel palazzo imperiale dal simpatico Kim con tutti gli onori immaginabili, gli viene concesso il grande privilegio di vivere nella residenza estiva del dittatore, trattato con ogni genere di riguardo, con l'unico inconveniente di non avere il permesso di uscire.
Chissà perché gli ingrati ospiti dopo qualche giorno tentano la fuga, la qual cosa provoca, nel permaloso Kim, un certo risentimento. La coppia è rinchiusa in cella di isolamento, formata a dovere secondo i principi del comunismo e rilasciata dopo soli quattro anni. Shin e sua moglie, rieducati a dovere e un po' dimagriti, sono di nuovo accolti a corte del generoso Kim, che in tutta franchezza gli dice: "I nostri registi non hanno idee nuove, abbiamo bisogno di qualcuno che diriga una serie di film di propaganda".
Non lesinando sulle spese, mette a disposizione del regista un conto in una banca austriaca di due milioni e mezzo di dollari. La coppia trascorre così in Corea del Nord otto anni della propria vita, costantemente vigilati, senza la minima libertà ma nel lusso più sfrenato. In quel periodo girano moltissimi film, di cui lo stesso regista è molto soddisfatto. In effetti, con una pistola perennemente puntata contro, la concentrazione e la creatività non possono permettersi distrazioni e non è difficile credere che uno tra i quindici film che Shin ha girato per il Regime, "Pulgasari", sia ritenuto dal regista il suo miglior film di sempre.
Chissà perché gli ingrati ospiti dopo qualche giorno tentano la fuga, la qual cosa provoca, nel permaloso Kim, un certo risentimento. La coppia è rinchiusa in cella di isolamento, formata a dovere secondo i principi del comunismo e rilasciata dopo soli quattro anni. Shin e sua moglie, rieducati a dovere e un po' dimagriti, sono di nuovo accolti a corte del generoso Kim, che in tutta franchezza gli dice: "I nostri registi non hanno idee nuove, abbiamo bisogno di qualcuno che diriga una serie di film di propaganda".
Non lesinando sulle spese, mette a disposizione del regista un conto in una banca austriaca di due milioni e mezzo di dollari. La coppia trascorre così in Corea del Nord otto anni della propria vita, costantemente vigilati, senza la minima libertà ma nel lusso più sfrenato. In quel periodo girano moltissimi film, di cui lo stesso regista è molto soddisfatto. In effetti, con una pistola perennemente puntata contro, la concentrazione e la creatività non possono permettersi distrazioni e non è difficile credere che uno tra i quindici film che Shin ha girato per il Regime, "Pulgasari", sia ritenuto dal regista il suo miglior film di sempre.
È proprio durante il suo "capolavoro", però, che Shin riesce finalmente a fuggire, lasciando il film incompleto. Il regista continuerà la sua carriera in America con il nuovo nome di Simon Shen, realizzando nel 1996 anche un remake americano chiamato "Galgameth". Il volitivo Kim Jong Il invece non si perde d'animo: fa completare "Pulgasari" ad un altro regista e qualche anno dopo subentra al padre come simpatico dittatore della Corea del Nord.
IL MIO VOTO: 6.5
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